Castellina in Chianti, avamposto militare fiorentino a ridosso della vicina e nemica Siena, presenta tutt’oggi evidenti resti dell’antica cinta muraria realizzata nella prima metà del ‘400 e distrutta e saccheggiata dall’invasione degli aragonesi, alleati dei senesi, nel 1478. Del mitico fortilizio – per il quale furono chiamati a supervisionare architetti del calibro di Filippo Brunelleschi e Giuliano da Sangallo – non rimane, oggi, che l’imponente Rocca e un paio di torrini laterali smussati. Tuttavia, un elemento importante, di appena un secolo posteriore alle strutture difensive, anche se versa in precarie condizioni, è giunto fino ai nostri giorni con immutata forma. Si tratta della maestosa Porta Ovest, sita in via delle Mura n.9, ex sede dei bagni pubblici.

Di questa struttura architettonica non si è mai saputo né compreso la funzione, giacché per motivi strategici è tutt’altro che funzionale in caso di attacco, soprattutto se pensiamo che la stessa Rocca, nel lato esterno che dà in via delle Mura e dove un tempo c’era una ripida scarpata, non era dotata di ingresso ma solo di una porta di “soccorso”, così chiamata perché visibile dall’interno ma non, ovviamente, dall’esterno, dove invece appariva murata e mimetizzata col resto della struttura.

Una bellissima porta in bozze di arenaria, della quale, fino ad oggi, non si è mai saputo nulla. Quale la funzione? La proprietà? La fondazione? Si è potuto finalmente scoprirne la storia grazie ad una ricerca, condotta da chi scrive nell’ambito dell’attività ordinaria del Gruppo Archeologico Salingolpe, che ha scandagliato la documentazione dei Capitani di Parte Guelfa, sez. Ripe, Carbonaie e Beni del Pubblico (Archivio di Stato di Firenze), dove sono conservate diverse richieste di concessioni demaniali.

Con l’allargamento dei confini fiorentini del 1555 (il 21 aprile le truppe medicee e imperiali fecero il loro ingresso a Siena. Il 13 giugno da Bruxelles giunse la ratifica imperiale dell’atto di sottomissione della repubblica senese a Carlo V, convenuta a suo nome da Cosimo I de’ Medici) Castellina perse completamente la sua funzione di avamposto militare per divenire, a tutti gli effetti, “il magazzino del Chianti”, ovvero un grande e fornitissimo centro di produzione agricola. Molti beni immobili del Gran Ducato diventarono di conseguenza inutili, così furono dismessi attraverso censi e vendite. Troviamo venduti o affittati i seguenti beni: le ripe intorno alle mura, le carbonaie e i fossi difensivi, l’appoggio alle mura castellane per fini edilizi, e tutta una serie di edifici come torri, porte, nonché la stessa rocca.

Ed è in questo contesto archivistico che si è rinvenuta una supplica di Pandolfo di Roberto Squarcialupi, esponente di una nobile ed antichissima famiglia originaria del Chianti e di Poggibonsi (Signori di Monternano, Sant’Agnese, ecc). Si legge chiaramente che Pandolfo, avendo di già acquistato in passato:
«le ripe, carbonaie et appoggio di mura alla Castellina di Chianti, desidera far porta a dette mura, quindi domanda grazia a Sua Altezza Serenissima. Maestro Domenico Chiari, che ha visto il luogo, referisce come detto supplicante vorrebbere far porticella nelle mura per poter passare alle dette ripe da lui comperate dove di seguito far Horto».
La supplica viene recepita e accolta con verdetto favorevole in data 29 marzo 1584. È ormai chiara, dunque, quale fosse l’origine, la proprietà e la funzione di questa porta.

 

A riprova che fosse proprio questa la Porta che d’ora in avanti potremo chiamare “Porta Squarcialupi”, vi sono tre elementi chiarissimi:
1) la suddetta porta è stata da sempre e da diversi studiosi (non ultimo, l’architetto Domenico Taddei) definita di “stile cinquecentesco”, e infatti richiama molto lo stile del Palazzo Squarcialupi sito in via Ferruccio.

2) Pandolfo Squarcialupi, rimasto senza eredi, dona tutti i suoi averi nel 1639 (in cambio di un’annua rendita di 350 scudi più alimenti) al Convento delle Monache di Santa Maria a Monticelli di Firenze. Tra i vari possedimenti di Pandolfo si trovano: la Rocca di Castellina (già proprietà Landi), le ripe, carbonaie e fossi delle mura castellane, un’abitazione in paese detta “il fondaccio” – zona che si trova proprio a due passi dalla Porta – due campi che vanno lungo le mura del paese e due Porte, la porta senese ed un’altra, non molto distante, detta “del fosso” (non dimentichiamoci che la zona di via delle Mura era tutta a fossi e ripe, partendo dalla porta senese. La scalinata che introduce alla Porta Squarcialupi è un’aggiunta posteriore necessaria data la forte pendenza del terreno). Quindi Pandolfo Squarcialupi deteneva alcune proprietà proprio in quella zona di abitato che, oggi, si orienta verso la porta in questione (senza parlare delle ripe in prossimità).

3) Sulla porta, ancora oggi, è visibile uno stemma in pietra rovinato, da sempre attribuito con eccessiva leggerezza alla famiglia Medici ma non è così. Se si osserva attentamente, notiamo che la disposizione delle sfere è molto precisa e non conforme a quella de’ Medici. Ricorda invece lo stemma Squarcialupi, il quale era formato nella parte inferiore da sei sfere (3, 2, 1) e nella parte superiore, spesso divisa dalla precedente con una linea orizzontale in rilievo, da un lupo. Il caso ha voluto che lo stesso Pandolfo Squarcialupi fosse nominato Vicario di Lari nel 1612 e nella facciata sud del cortile di questo castello vi si conserva ancora lo stemma in pietra. Il degrado dell’emblema araldico, un po’ meno rovinato rispetto a quello castellinese, ha permesso una comparazione molto interessante ed inequivocabile. Ma a riprova di ciò ci sono diversi stemmi degli Squarcialupi disseminati in Toscana: Lari, Fiesole, Firenze, ecc.

Possiamo oggi, dunque, chiamare la cinquecentesca Porta ovest, “Porta Squarcialupi”, la quale fungeva semplicemente da passaggio nelle diverse proprietà della famiglia, evitando di far tutto il giro delle mura.

A ridosso di questa ricerca, la quale scopre un nuovo tassello importante del meraviglioso mosaico della nostra storia, il Gruppo Archeologico Salingolpe ha chiesto ufficialmente all’Amministrazione Comunale di elaborare un progetto di ristrutturazione e valorizzazione della Porta, oggi del tutto abbandonata e soffocata dal forzuto abbraccio della vegetazione. La proposta è stata attentamente vagliata ed accolta dal primo cittadino – da poco rieletto – Marcello Bonechi, che l’ha inserita tra le opere pubbliche principali da realizzarsi in questo mandato.