A un mese dalla ricorrenza della sua morte (19 giugno 1971), vorrei ricordare la persona di Emilio Fancelli, già Sindaco di Castellina in Chianti nel 1920 per brevissimo tempo, di estrazione socialista, borghese più o meno benestante ma nobile per il tramite delle origini materne (era figlio di Arturo e della Marchesa Giuseppina Bartolini Salimbeni).
Vorrei ricordarlo, e più che altro avviare una riflessione, perché ho letto un recente e interessante articolo pubblicato online e che riporto di seguito: https://rigutino.it/emilio-fancelli-di-lucio-bigi/
Consiglio la lettura dell’articolo perché si trovano molte notizie biografiche, soprattutto sulla produzione letteraria e sull’attività lavorativa del Fancelli.
E’ importante ricordarlo, spendere qualche parola su questa personalità creativa e poliedrica, perché per un certo periodo la sorte di quest’uomo si intrecciò convulsamente con quella di Castellina in Chianti.
Emilio Fancelli fu abile scrittore, autore di numerosissimi racconti d’avventura, romanziere con storie inerenti o pesantemente ispirate al ciclo salgariano dei Pirati della Malesia. L’articolo suddetto, scritto anche per il tramite dei ricordi del figlio Yanez, specifica molti titoli editoriali e ci offre una rara fotografia giovanile del Fancelli. Tuttavia, l’aspetto che più colpisce è il granitico ritratto di convinto antifascista e di perseguitato politico. Cosa in realtà tutt’altro che rara durante il Fascismo ma che, per quanto ci riguarda, ci lascia molto sorpresi viste le nostre informazioni. Per questo, l’incipit della presente, invita a una serena riflessione. Nell’articolo suddetto si specifica che Fancelli era stato condannato, perseguitato e addirittura, durante la Seconda Guerra mondiale, <<deportato in Germania ed internato in un campo di concentramento per motivi politici, e dove ha operato validamente come cospiratore antifascista>>, come leggasi dal pregevole articolo di Lucio Bigi.
Ricordiamo che Emilio Fancelli era proprietario dell’azienda agricola, con discreta villa annessa, del Poggiolo, un grande podere tra San Donatino e San Niccolò di Castellare, appartenuto anticamente alla famiglia Bianciardi di Castellina e dove per lungo tempo i membri della famiglia Porciatti svolsero la professione di mezzadri. Un podere comunque ampio, dotato di mirabili vigneti, e fertilissimo.
Ebbene, conosciamo un po’ Emilio Fancelli nel momento in cui divenne sindaco socialista di Castellina in Chianti. Alcune informazioni di quel periodo ci sono state tramandate sia oralmente (vedasi libro di Anna Innocenti Periccioli, Giorni belli e difficili. L’avventura di un comunista, 2001) sia tramite ricordi dattiloscritti ugualmente provenienti dalla stessa fonte, ossia Otello Terzani, il reduce antifascista sfegatato trasferitisi a Castellina proprio di ritorno dalla Grande Guerra e qui ferreo oppositore del latifondismo baronale, un vero oppositore all’antica agraria locale e al nascente germe squadrista. Su Otello Terzani: https://www.grupposalingolpe.it/?page_id=199
Vari sono i passaggi in cui Otello ricorda la persona del Fancelli. Riportiamo i più significativi pubblicati nel libro “Otello Terzani. L’uomo che sfidò l’Agraria. L’avvento del Fascismo a Castellina in Chianti“:
1) […] La migliorata condizione delle masse e la speranza per il futuro, fecero vincere le elezioni comunali del 1920 al partito socialista: finalmente furono i contadini, gli artigiani, i minatori, gli umili a divenire consiglieri ed assessori. Scelsero come Sindaco Emilio Fancelli, possidente al Poggiolo, che poi tradì la causa diventando un militante fascista. Tutto ciò, purtroppo, non durò molto, perché la Giunta, vittima di una sassaiola avvenuta in via Ferruccio, nei pressi della vecchia casa comunale (oggi ufficio turistico), venne letteralmente spodestata dallo squadrismo agrario: l’amministrazione di Castellina, liberamente eletta, fu una delle prime in Italia a cadere per mano del nascente movimento fascista. Era il 4 novembre 1920.
2) […] Per le elezioni comunali il problema della formazione delle liste dei consiglieri, non fu di facile soluzione; mancavano di elementi passabilmente idonei al compito della amministrazione. Era la prima volta che i contadini in quelle piaghe, in tanti trascorsi, si impossessavano dei loro interessi comunali. Sindaco fu giocoforza designare Emilio Fancelli, piccolo o medio borghese la cui famiglia, però, aveva quasi azzerato il patrimonio.
3) […]Sulla piazza del Castello in apposito palco, gli oratori parlarono numerosi; ma il discorso ufficiale fu di Cavina […] << all’ombra di questo castello medievale che ha visto per secoli le lotte fratricide delle fazioni bianche e nere; dei Guelfi e Ghibellini, per la soggezione del popolo; oggi garrisce al vento il rosso vessillo della pace e della fraternità dei popoli e della redenzione delle plebi dal vassallaggio feudale, e la realizzazione del socialismo; il giorno della giustizia oramai è vicino>>, ottenne grande successo. Non passò molto tempo che una lettera del sindaco Fancelli mi annunziava le sue dimissioni da sindaco e da iscritto alla Sezione socialista << perché vado dove la rivoluzione la san fare, ma il P.S.I. no>>, diceva. E mi rimase di lui in ricordo una pistola che mi aveva regalato. E lo rividi una sera in una incursione fascista a Prato; ove una ventina di scalmanati della disperatissima di Firenze al canto “all’armi siam fascisti, terror dei comunisti…” faceva una puntata in quella industre cittadina. Lui non mi vide anche per la sua grave miopia.
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Come si può leggere da questi ricordi, più volte espressi, la posizione politica e personale del Fancelli è stata, parrebbe, assai incerta e tremolante. Di certo al principio fu convinto socialista ma dopo l’elezione a Sindaco nel 1920 e, a brevissimo giro, la tremenda incursione squadrista del 4 novembre del medesimo anno, il Fancelli si dimise dalla carica di Primo cittadino per, stando alla testimonianza, andare a fare la vera rivoluzione con qualcun altro.
A ogni modo, leggere invece che il Fancelli fu antifascista fino alla fine può finalmente rendere merito alla sua persona (anche se, francamente, la testimonianza oculare di Otello Terzani è assai esplicita, sempre uguale ogni volta che ha rievocato i ricordi di quei giorni). Magari inizialmente incerto sul da farsi, il Fancelli dopo l’abbandono del Socialismo si sarà ravveduto per tornare tra gli italiani ostili al Regime. Purtroppo però nei vari archivi pubblici consultabili online riguardanti il periodo fascista (come quello sui vari italiani aderenti alla Resistenza o al Casellario politico fascista dove si segnava ogni soggetto “contrario” o sospetto al regime) non vi si fa menzione di alcun Fancelli Emilio. La qual cosa può sembrar strana ma resta doveroso concedere quantomeno il beneficio del dubbio. L’unica informazione aggiuntiva che mi sento di condividere è una nota della Prefettura di Siena spedita al Podestà di Castellina nel 1928 e riguardante proprio Emilio Fancelli. Non si tratta di una nota tesa a bloccare o arrestare il nostro scrittore ma un’informativa su una precedente richiesta eseguita proprio dal Fancelli al Regime.
In questa nota della Prefettura si apprende come Emilio Fancelli abbia fatto gradito omaggio di ben 8 dei suoi libri a Vittorio Mussolini, primo figlio maschio del Duce, chiedendogli di intercedere verso il padre Benito affinché aiutasse suo cugino Vincenzo Fancelli, ex marinaio ora inabile al lavoro.
La prefettura fa sapere al Podestà di Castellina di avvisare Emilio Fancelli, all’epoca sempre residente al Poggiolo, che Vittorio Mussolini ringrazia per il pensiero ma è costretto a rifiutare gli 8 volumi (e a restituirli al mittente), e questo perché il Duce, con specifiche disposizione, aveva espressamente vietato di ricevere regali di qualunque tipo. A ogni modo, si specifica però che la richiesta sul cugino inabile è stata inoltrata per competenza al Ministero della Marina, guidato in quel periodo ad interim direttamente dal Duce.
Ci piacerebbe, se un giorno, nuovi documenti aiutassero a meglio definire (o ridefinire, perché no?) la straordinaria personalità dello scrittore Emilio Fancelli che, almeno per il momento, resta assai poco nitida su alcuni punti di certo non trascurabili per la nostra storia.
Vito De Meo